Accogliere il diverso, accogliere il simile.
“Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune” IV SCHEDA
Rifletto su una parola tanto abusata, e forse poco compresa, che ricorre spesso negli ultimi tempi fra i discorsi comuni: accoglienza
È sentimento diffuso pensare all’accoglienza dei “diversi” da noi, i migranti, chi non crede, chi è fragile, chi si allontana….
Ma se la parte più difficile fosse accogliere il simile? Accogliamo facilmente gli “altri” , ma i “nostri “? Accogliamo chi è “fuori”, ma chi è “dentro”, insieme a noi?
Penso ai Discepoli: Giovanni e Giacomo, i “figli del tuono”, già a spartirsi il posto alla desta ed alla sinistra di Gesù:
chissà cosa pensavano di quello zuccone di Pietro? E Andrea, sempre all’ombra del fratello….
E Matteo, più istruito e scaltro di quei poveri pescatori, come avrà immaginato il proprio futuro?
Filippo, non si sarà forse sentito escluso ?
Mi domando se questa Chiesa, così ferita e incapace, tuttavia Sposa di Cristo, venga accolta dai suoi stessi figli: il Papa, i Vescovi, i Sacerdoti, i fratelli nella fede…
Accogliere colui dal quale ti aspetti somiglianza e coerenza (accogliere davvero il marito, i figli, gli amici di sempre, quelli della tua comunità, e così via) non è forse più complicato che accogliere il perfetto estraneo, quello che comunque si implicherebbe poco con la tua vita ?
Non solo. Una volta accolto, “fatto entrare”, e poi?
Il cristiano non accoglie per sé stesso. Il cristiano accoglie per Cristo , per condurre colui che accoglie verso Cristo. Non accoglie sul divano a bere il caffè. O almeno, non finisce certo lì.
È dopo il caffè che inizia il Bello.
Forse, l’accoglienza guarda lontano ma soprattutto vicino.
Ed è come l’alba, l’inizio e la promessa di un nuovo giorno, di qualcosa di davvero grande che si declina momento per momento dopo, con lo sguardo fisso sul Signore.
Più domande che risposte, dunque !
Vi penso molto.
Barbara